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Anche sulla salute pesano le Caste. Le retribuzioni dei medici alla luce dei tagli alla sanità.

tersilli

Sembra uno dei soliti termini alla moda che infiammano per qualche anno l’opinione pubblica: Casta. Eppure il discorso sulle caste cela dietro il termine una realtà fatta di strutturazione dei ceti sociali, di passaggio di privilegi e di codici comportamentali (e morali) non detti che certo non ha epoca. Ciò soprattutto nel nostro Paese, così affezionato ai ruoli …”tradizionali”.
Da quando il sistema di governo dello Stato sociale, parimenti a quello della finanza e di altri beni pubblici, ha iniziato ad essere decostruito ad opera dei ‘governanti-risparmiatori’, da quando cioè ai capitalisti (se non volete pensare a Marx potete chiamarli Grandi Investitori) viene dato in pasto il patrimonio pubblico per ovviare ai loro problemi di rendimento e concorrenza… la spesa sanitaria italiana ha iniziato col ridurre non tanto gli sprechi e il clientelismo, ma a deviare l’investimento, in modo da consentire ai privati un più massiccio intervento sussidiario. La realtà della manovra la vediamo nelle nostre tasche, quando per ricorrere alle mancanze dei ‘LEA’ (Livelli essenziali di assistenza) siamo costretti per urgenza a pagare un professionista privato o “intra moenia”, spesso con la connivenza del medico di base che, per non irritare il servizio pubblico alle corde, si rifiuta di barrare la casella di urgenza nell’impegnativa (su questo il Coordinamento dei comitati ha svolto una campagna informativa dal gennaio 2014[1]).
“Nell’ultimo anno il valore pro-capite della spesa sanitaria privata si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private. … il calo della spesa sanitaria privata è il segnale di una inversione di tendenza rispetto a un fenomeno consolidato nel tempo per cui le risorse familiari hanno compensato una offerta del welfare pubblico che si restringeva. Oggi invece anche il welfare privato familiare comincia a mostrare segni di cedimento. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. È aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro.”[2]
I cittadini si ritrovano così a dover sopperire con i loro soldi, se li hanno, alle mancanze del sistema sanitario pubblico, senza che la pressione fiscale su di loro diminuisca, ritrovandosi dei gestori privati della sanità pubblica che usufruiscono di strutture pubbliche per dare servizi…pagati sempre con soldi pubblici. Nel frattempo le strutture si usurano, e il pubblico si ritrova a doverle risanare sempre a spese del cittadino.
Posto il fatto che la “concorrenza” tra privati nel fornire un servizio che ha standard precisi ricava il suo utile solo da due manovre: o l’imbroglio sugli standard, o lo sfruttamento del lavoratore, una cosa è sicura, nel caso della sanità, il “lavoratore” sfruttato non sarà mai il medico.
Non a caso è recente la messa in rilievo della disparità di trattamento economico tra medici ospedalieri e medici di base: quando la mongolfiera cala ognuno deve giustificare meglio la propria bisaccia.
La comparazione tra stipendi  ce la fornisce  Quotidiano Sanità, e ci dice che nelle Marche nel 2013 lo stipendio annuale di un medico del 118 o di una Guardia medica è stato di 24.896 euro mentre uno dei nostri medici di base, o di Assistenza primaria, ha guadagnato in media 76.471 euro, più di un dirigente medico pubblico. Una differenza abissale a fronte di responsabilità e impegno differenti. E’ vero infatti che un medico di base può scegliere a sua discrezione l’orario di ambulatorio in cui ricevere gli assistiti, e non ha obbligo di visita domiciliare se ritiene che l’assistito sia trasportabile al suo ambulatorio. Non solo, gli obblighi riguardanti i pazienti anziani o gravemente malati non sono ben definiti né verificati da parte di alcuna autorità sanitaria, la media italiana infine ci dice che un medico di base lavora circa 24 ore alla settimana.
Le lunghe file svolte dai cittadini per una breve visita o una ricetta medica, con l’incubo dei minuti contati e il ricorso all’assistenza del 118 o della Guardia medica in tanti casi, gonfiano la protesta tanto che il Rapporto PiT salute 2014  ci dice che “Quest’anno le segnalazioni che riguardano l’assistenza territoriale, confermano l’entità del problema, attestandosi al secondo posto nella classifica delle criticità più evidenti del SSN per i cittadini. Il dato raggiunge il 15,6% sul totale a fronte 15,3% dello scorso anno. Il problema più sentito dai cittadini, nell’ambito dell’assistenza territoriale, riguarda l’assistenza primaria di base, quindi il rapporto con Medici di base e Pediatri di libera scelta, con un valore che rappresenta oltre un quarto delle segnalazioni (25,7%) nell’analisi 2013 in deciso aumento rispetto allo scorso anno (23,4%).”
Alla’ latitanza’ di questi lavoratori da 5 ore al giorno volevano porre rimedio le Asl coi famigerati progetti di “Case della salute”, famigerati perché spesso raffazzonati e posti in essere come alternativa alla chiusura di importanti presidi ospedalieri territoriali; per le “Case” veniva richiesto ai medici di base di garantire una presenza continuativa addirittura ogni giorno della settimana, alternandosi coi colleghi, per seguire meglio gli iter di cura, le dimissioni ospedaliere, le piccole problematiche mediche non necessitanti dei Pronto soccorso dei loro assistiti. Ovviamente la “Casta” si è guardata bene dall’accettare qualsiasi impegno non altrimenti retribuito, tanto è vero che, per fra fronte alle sentite lamentele dei mutuati, è ora in voga lo “Studio medico associato”, per cui le poche ore di ambulatorio vengono allargate con la presenza a turno di uno dei medici soci… e le ricette del proprio medico, se assente, spesso spuntano pre-firmate e si ritirano in segreteria.
La medicina di base quindi offre lo spunto per la definizione di una nuova Casta sinora celata dalla fama del ‘medico santo’ Giuseppe Moscati, o dalla caricatura da Alberto Sordi nei panni del dott. Tersilli, oltre a quelle già processate dai cittadini-giacobini (manager pubblici e privati, notai, baroni universitari ecc.), una casta da circa un euro al minuto (retribuzione oraria media euro 67). E le eccezioni?
Come cittadini e cittadine ci chiediamo “quante ore lavora al giorno il mio medico di base, quanti mutuati ha, quanto guadagna, perché fa pagare i certificati?”, mentre i più fortunati, assistiti da medici scrupolosi che continuano a fare ancora molte visite a domicilio e si impegnano addirittura, alcuni, nel seguire i propri pazienti in ospedale o alle dimissioni, non dovranno chiedere altro se non il motivo della sproporzione retributiva segnalata.
Certo, non potrà mai sembrare innocente la proposizione da parte dei medici di base, al cittadino forse reso invalido da una patologia grave dovuta all’anzianità, o a un trauma, o a una malattia oncologica… della parcella di euro 100 iva inclusa per la compilazione dello scarno modulo online necessario per la richiesta all’Inps di visita medica per ottenere la certificazione dell’handicap o della necessità di assistenza domestica. La pratica poi seguirà il suo corso,  con modeste retribuzioni orarie, grazie ai tanto vituperati patronati sindacali, perché si sa, è meglio prendersela tra poveri che con chi tiene la Pillola dalla parte del manico.

 

Francesca Palazzi Arduini



[1] http://www.comitatinrete.it/wordpress/tempi-massimi-di-attesa-parte-la-vertenza-a-tutela-dei-pazienti.html

[2] (Sanità) in cerca di cura. Rapporto PiT salute 2014, a cura del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, Rubbettino, 2014.

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