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SALUTE

Ambiente, lavoro, società: un discorso sul cancro a partire dai fatti.

 Accade a molti di noi, cittadini e cittadine al lavoro per la salvaguardia dell’ecosistema, di imbatterci nel discorso sull’aumento, le cause e la cura delle patologie tumorali nella nostra società.

Questo non solamente perché parte delle nostre battaglie, ad esempio quella per la qualità dell’aria, si basano sui dati scientifici che dimostrano lo stretto legame tra inquinamento ed aumento delle patologie. Ma anche perché spesso ci imbattiamo nella problematica delle malattie legate agli ambienti di lavoro. Più genericamente, poi, alcuni di noi si coinvolgono in una riflessione che va al di là anche di questi due fattori (ambiente e condizioni di lavoro) per toccare un terzo dato: come l’aumento delle patologie tumorali sia strettamente legato all’industrializzazione, comprensiva del mutamento degli stili di vita, dello stress, delle condizioni psichiche.

Altre considerazioni che spesso come ambientalisti siamo portati a fare, sono di natura prettamente politica: lo vediamo ora con il gigantesco e per certi versi apocalittico disastro BP. Il lavoro sul campo, i progressi scientifici, quelli legislativi, in merito alla qualità ambientale, sono vani se il potere istituzionale continua ad essere espressione diretta e meccanismo funzionale ai grandi oligopoli, i quali non si muovono mai a beneficio della collettività ma solo agendo non tanto per il mantenimento (quello che ironicamente potremmo chiamare “la loro sostenibilità ambientale”), ma per l’aumento delle loro rendite, così come argomentato dal premio Nobel Paul Krugman e dimostrato da Totò nell’episodio della zuccheriera del film La banda degli onesti.

Seriamente, occorre lavorare quindi su più fronti, cercando un’integrazione di sapere tra questi fattori, integrazione che si basi non su “mitologie”, poiché nessuna mitologia che propone una sola causa ed un solo nemico serve ad affrontare seriamente un tema come quello dei tumori, che hanno più cause e la cui estensione nella nostra società ha dimensioni tragiche e complesse.

(da Riza Psicosomatica, sett.-ott. 1980, n.3)

Luigi Oreste Speciani molti anni or sono definiva così il mutare dello scenario sanitario:

Difatti”, scriveva nel 1980 “nonostante il progresso tecnico generale e medico (allopatico) l’aspettativa di vita oltre l’adolescenza sta da un ventennio diminuendo, specie nei 24 paesi a più alto livello tecnologico e sanitario; perché in essi la morbilità (e letalità) seguono un –profilo sociosomatico- obbligato, da me desunto dalle statistiche mondiali, presentato al I Workshop mondiale sul futuro della medicina, di Basilea 1972, ed oggi largamente accettato.

Mentre dunque la medicina tradizionale è riuscita a ridurre in esponenziale negativa dal 95 al 3-5% la mortalità infettiva (da parassiti, germi, virus, tossicosi… comunque Esogena rispetto all’uomo) si è dimostrata assolutamente inabile a frenare la tendenza esponenziale positiva della patologia Degenerativa (salita parallelamente allo sviluppo tecnologico dal 5-10 al 90%). Nel fascio sempre più largo di quest’ultima si contano tra l’altro l’ulcera gastroduodenale, le coliti ulcerose, il diabete, il reumatismo, l’asma, le turbe ormonali, le malattie psichiatriche, l’arteriosclerosi, l’infarto miocardico… il cancro”.

Chissà cosa avrebbe pensato Speciani, pioniere della medicina integrata, della insorgenza di nuove forme virali, alcune delle quali hanno causato vere e proprie psicosi a beneficio delle case farmaceutiche, e delle nuove cure per varie tipologie di cancro, le quali, nel progressivo aumento dei casi, producono un aumento del numero di persone che con questa malattia, un tempo considerata sempre mortale, convivono.


(incidenza delle patologie tumorali nell’Unione Europea, per altri dati vedi Tumori.net, il portale dell’epidemiologia oncologica italiana)

A livello territoriale, prendendo innanzitutto coscienza delle cause concatenate alla degenerazione della qualità ambientale causata da insediamenti nocivi, abbiamo iniziato ad interessarci e a diffondere, per una più generale presa di coscienza, i dati disponibili dagli istituti di ricerca.
Di recente,ad esempio, il Comitato per la tutela della salute e dell’ambiente della Vallesina ha segnalato i preoccupanti dati di una recente indagine epidemiologica dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche dal titolo “Valutazione di Impatto Sanitario del PM10 e dell’Ozono in 16 Comuni della Regione Marche nel 2007 e nel 2008. A sottolineare l’assoluta razionalità delle azioni del Comitato volto ad impedire l’autorizzazione sul territorio jesino di un grande inceneritore di biomasse, il comitato sottolinea come la stessa Agenzia dichiari uno stretto legame tra qualità dell’aria e salute, rispetto all’esposizione alle polveri fini.
Il comitato sottolinea inoltre come a Jesi, in nove anni, i dati Asur evidenzino come le esenzioni dal ticket sanitario per cause tumorali siano quadruplicate.

Basta dare un’occhiata al grafico dei superamenti delle soglie di sicurezza sanitaria per le polveri PM10 per capire come la qualità dell’aria sia compromessa. Non solo, anche nelle aree non urbane il problema è presente e si lega alla diffusione da ricaduta delle polveri da insediamenti insalubri e all’uso di pesticidi ed altre sostanze tossiche, tanto che di recente proprio il Coordinamento dei comitati ha agito richiedendo ai Comuni ordinanze di divieto di uso di pesticidi in prossimità di zone abitate, stante il conclamato legame tra pesticidi e patologie tumorali a vescica, danni allo sviluppo neurologico, linfomi.

Stessa cosa per l’esposizione all’amianto, i cui manufatti deteriorati sono molto diffusi sul nostro territorio: nessuna risposta concreta è stata data, forse anche con l’alibi della crisi finanziaria delle Regioni, alle voci che si sono levate a chiedere misure severe e urgenti per la bonifica dell’amianto sul territorio. Nel frattempo però, il riconfermato governatore regionale, Gian Mario Spacca, continua a vantarsi del fatto che nelle Marche la spesa sanitaria pubblica è altissima, e promuove nuovi investimenti miliardari nel settore sponsorizzando nuove strutture ospedaliere.
Una domanda sorge spontanea: i cittadini sarebbero più felici di sapere che potranno operare il loro mesotelioma nelle Marche o di sapere che una serie bonifica della causa scatenante questo tumore, l’amianto, venga rimossa, evitando nuove morti?
Scrivevamo nel 2008, invocando l’applicazione della Decreto regionale del 1997 sull’amianto, “I dati del Registro, aggiornati al febbraio 2008, segnalano la Provincia di Pesaro e Urbino come seconda per numero di mesoteliomi (74 casi dei quali 36 a Pesaro, 9 a Urbino e 29 a Fano), dopo Ancona (136 casi), e prima di Ascoli Piceno (48 casi) e Macerata (45). La Regione Marche ha avuto quindi un totale di 303 morti per il “tumore raro”, il mesotelioma, tra 1996 e 2008.” “Nella sola Provincia di Pesaro 3156 edifici dei quali il 35% con amianto friabile, suddivisi in 5 classi di priorità a seconda della pericolosità e dell’accessibilità e dando la precedenza a quelli pubblici. Solo il 4% degli edifici censiti è stato bonificato (2002-2007).”

Parliamo poi di tossicità di ogni genere causate dallo smaltimento inappropriato ( se uno appropriato esiste) di sostanze altamente cancerogene. Il Coordinamento dei comitati denunciava qualche mese fa: “In data 10.12.2009 l’ARPAM di Pesaro, a seguito di un esposto del 22.10.2009, ha effettuato sopralluoghi e campionamenti delle acque del Rio Vergineto, in loc. Schieppe, nel Comune di Orciano di Pesaro. Gli esami hanno confermato il referto del 09.11.2009, evidenziando un grave inquinamento delle acque che, come si sa, confluiscono nel fiume Metauro dal quale è prelevata l’acqua per l’approvvigionamento del 75% degli abitanti della Provincia di Pesaro e Urbino.

Tra gli altri sono stati riscontrati: cloroformio; Metilene cloruro; 1,1,1 tricoloroetano; cloruri; solfati, ferro; manganese, rame, nichel.” Nonostante l’Arpam pesarese abbia inoltrato alla Polizia provinciale la richiesta di indagini, pensate che sia stato rintracciato l’esercizio della zona che ha sversato questo veleno nel torrente? Evidentemente no. Eppure il Tricloretano in quantità industriali non è certo sostanza usata da tutti! Stessa cosa per l’inquinamento del fiume Burano a Cagli, che ha causato la morìa di tonnellate di pesci nel giugno scorso e per il quale pare siano stati individuati i colpevoli, ripetendosi però l’episodio anche luglio.

C’è una generale sottovalutazione dei rischi ed un diffuso scoraggiamento da parte di chi dovrebbe governare e di chi dovrebbe vigilare, rispetto all’inquinamento. In nome del quieto vivere (poiché comunque il cancro è silenzioso), si preferisce non pensare alle conseguenze di politiche industriali dannose e di gesti criminali che sembrano quasi essere tollerati perché, in fondo, non sono che l’amplificazione di quello che molti cittadini fanno a casa loro: l’uso di sostanze tossiche e dannose per sé e per gli altri.

Una spinta nel senso dell’aggregazione di studi in materia è stata data in Italia dall’Isde, associazione medici per l’ambiente, e dalla diffusione in lingua italiana, curata dalla rete nazionale rifiuti zero, degli ultimi rapporti (2005 e 2008) della BSEM*, la società britannica di medicina ecologica, oltre che di altri recenti studi scientifici, quali la ricerca della Harvard School of Public Health sui danni allo sviluppo del cervello nei bambini causato da sostanze chimiche di origine industriale, “La pandemia silenziosa”.

“Le pandemie silenziose” sono affrontate da Patrizia Gentilini, medico oncologo dell’ Isde, in un articolo**  nel quale si sofferma sul problema posto dalle mutazioni del dna cellulare causate da sostanze cancerogene proprio come il Tricloroetano: “Letteralmente il termine “epigenetico” significa alterazioni “aggiuntive” al DNA: più esattamente il termine sta a significare ogni processo che non coinvolga la sequenza genica di per sé ma tutto ciò che “circonda” il genoma. In particolare, per tutto quanto può interferire con  i processi di trascrizione del DNA e il passaggio dell’ informazione dal geno al fenotipo, è immediatamente intuibile che il risultato può essere comunque altrettanto devastante quanto una alterazione genica vera e propria in quanto viene alterato comunque il risultato finale, cioè la corretta espressione del nostro DNA.

Le modificazioni epigenetiche sono da considerarsi eventi naturali, sono sempre esistite e – probabilmente – sono essenziali per l’adattamento e l’evoluzione della specie, ma qualora esse insorgano in maniera impropria possono recare conseguenze infauste, sia sulla salute che sul comportamento umano.

 L’importanza e l’attualità di questo argomento risiede nel fatto che numerosissimi agenti tossici e sostanze chimiche di sintesi, alle quali tutti noi siamo comunemente esposti, possono indurre alterazioni epigenetiche, fra queste ricordiamo: metalli pesanti, pesticidi, erbicidi, prodotti di degradazione del petrolio, tabacco, idrocarburi policiclici aromatici, ormoni, sostanze radioattive, farmaci, virus, batteri, componenti della dieta e la gran parte di quegli agenti che vanno sotto il nome di “endocrine disruptor”.
Il monitoraggio di sostanze nocive è oggetto di un progetto europeo denominato REACH (Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals) che impone ai produttori di testare le sostanze per quel che attiene gli effetti sulla salute. Ma anche in questo caso ci si trova di fronte ad un lavoro immane, causato dalla presenza di 30mila sostanze in partenza, sulle quali gravano fortissimi interessi economici. Pensiamo alla recente vicenda del Glyphosate, segnalata dal Coordinamento dei comitati. L’erbicida, irrorato da Anas sulle strade della nostra provincia, viene da questa usato “a norma di legge” anche se è evidente, dai danni alla piccola fauna ed alla biodiversità vegetale, che il principio di precauzione suggerirebbe di usare metodi meccanici e non chimici.

Tornando alla conoscenza delle sostanze chimiche e della loro influenza, nello stesso caso degli inceneritori: le ricerche scientifiche segnalano un 10% di sostanze chimiche emesse conosciute, ma più di 5000 fattori non lo sono. Gli studi effettuati nelle zone di ricaduta di queste polveri segnalano già ora, ed a distanza di pochi anni, incrementi decisamente sospetti della mortalità di alcune categorie. Facciamo l’esempio dello studio effettuato a Coriano*** in provincia di Rimini (inceneritori Mengozzi ed Hera), che ha segnalato (1990-2007) un incremento della mortalità femminile per tutti i tumori dal +17% al +54%!

La passione che i nostri amministratori, da “bravi padri di famiglia”, detengono per le spese sanitarie (che paiono la loro dimostrazione preferita di dedizione ai cittadini) ci pare quindi abbastanza sospetta se confrontata con le loro ambigue politiche “per lo sviluppo”. Occorre considerare che il costo dei farmaci anti neoplastici consumati nel mondo era stimato nel 2004 in 24 miliardi di dollari, e nel 2008 era salito a 41 miliardi. In Italia si stima una spesa complessiva di 7 miliardi l’anno. Praticamente un’intera manovra finanziaria, comprensiva di tutti i settori economici.

Numero dei decessi, stime dei nuovi casi e dei casi prevalenti per l’insieme dei tumori osservati nel 1970, 1980, 1990, e 2000. Italia. Maschi+Femmine. Dati in migliaia.

Il rapporto Ceis-Sanità 2009 presentato nel mese di giugno 2010 segnala che la spesa sanitaria del 2009 ha raggiunto un importo pari al 8,7% del Prodotto interno lordo, e che consideriamo il valore aggiunto del settore raggiungiamo una percentuale di circa il 12%, per cui la spesa sanitaria rappresenterebbe la terza realtà industriale del Paese dopo alimentari ed edilizia!
La bilancia commerciale dei farmaci, dei quali quelli anti-neoplastici rappresentano un ingente settore, segnala l’importazione di sostanze per 2,4 miliardi di euro.
Per questo la responsabilità dei cittadini nel richiedere una maggiore prevenzione ed un più puntuale uso del principio di precauzione è fondamentale, anche per indirizzare la società verso delle politiche integrate che sappiano coniugare dei fermi NO alle industrie insalubri, ad una programmazione economica che rinnovi i suoi obiettivi sociali.
Considerando che l’industrializzazione ha creato un esercito di reduci dal cancro, e che le statistiche confermano la tendenza alla diminuzione, per alcune tipologie, della mortalità in favore della sopravvivenza, è necessario attivarsi anche per dare valore al nostro patrimonio umano di indenni, sopravvissuti, aspiranti a sopravvivere e amici di sopravvissuti. Così sul web sono nati dei Forum sui quali è possibile scambiarsi informazioni, avere parere medici, condividere stati d’animo. Dalle pagine più pragmatiche, come quella del sito del Corriere della sera, sulla quale rispondono i medici della Fondazione Veronesi, ai forum veri e propri come quello organizzato dall’Istituto di studio dei tumori o dall’associazione di volontariato Aimac. Così anche il nostro lavoro politico di ambientalisti spesso si coniuga con la nostra esperienza umana ed il nostro ruolo sociale, che ci spinge ad andare avanti.

Francesca Palazzi Arduini

Materiale:

* Rapporto BSEM 2005: Rapporto BSEM 
altri documenti aggiornati sul sito di ambiente futuro
** Epigenetica e fontane, di Patrizia Gentilini: Epigenetica
***  Studio epidemiologico Coriano: STUDIO EPIDEMIOLOGICO CORIANO